Sono passati tre giorni dall’attentato che ha scosso Parigi e abbiamo davvero letto di tutto: tutti i dettagli più cruenti, tutte le ipotesi più assurde, le opinioni di chiunque e i comizi dei politici che scelgono di cavalcare l’onda per accaparrare consensi.
Sui social è un continuo di post che si alternano tra umori e pensieri, così ci troviamo spesso a doverci destreggiare tra manifestazioni di odio o razzismo, solidarietà, gente che prega, gente che punta il dito, gli alternativi, i buonisti, i finto-politici e i boccaloni da bufala.
Ma cosa succederà adesso? Adesso che abbiamo esternato tutto quello che pensiamo? Che come il nonnino seduto al bar, abbiamo finito di commentare la notizia del momento?
Niente.
Da oggi si tornerà a condividere gattini, bambini, lamentele sul meteo, selfie e foto di roba da mangiare.
E va bene. E’ giusto che sia così. Dunque non stupitevi. E soprattutto, non lamentatevi.
Già mi immagino “Certo ieri tutti a pregare per Parigi, oggi però foto con la bocca a culo di gallina!“
Si. E allora?
Vi ho un po’ osservati sui social in questi due giorni e ci sono due cose che non riesco a capire, sarò felice se mi aiuterete.
La prima. Ho letto di persone che si sono stupite per tutte queste manifestazioni di solidarietà nei confronti di Parigi, considerato che ci sono migliaia di morti quasi ogni giorno per colpa di guerre, attentati e pazzi che sparano sulla gente senza motivo apparente. La frase più ricorrente era “Eh certo, vi indignate per Parigi, però la settimana scorsa è caduto un aereo in Russia e a Beirut c’è stato un attentato con centinaia di morti e nessuno ha detto nulla. Nessuno ha messo sul proprio profilo la loro bandiera.“
[In molti casi le stesse persone che hanno condiviso l’articolo sulla strage in Kenia, del 2 Aprile, che sconoscevano fino a poco prima delle notizie su Parigi – con tanto di critica ovviamente]
Sono d’accordo. Muore tantissima gente ogni giorno in ogni parte del mondo ed è una cosa terribile, soprattutto se accade per colpa di una guerra. I morti sono tutti uguali ed è così che dovremmo percepire tutti anche quando sono in vita. Tutti uguali. Il problema infatti non sono i morti, o come è avvenuta la cosa ma dove. E non perché Parigi sia più bella della Russia, perché francesi sono più simpatici o perché “vuoi mettere la baguette e la Tour Eiffel?” No. Il problema è che Parigi è vicina. Troppo vicina. Così quello che noi esterniamo come cordoglio nasconde in realtà il terrore che possa succedere anche qui da noi, in casa nostra. Perché non sono bombardamenti di una guerra così lontana da noi e dal nostro vivere da occidentali ma era un concerto, un ristorante, un teatro. Era la vita di tutti i giorni a un’ora d’aereo da noi.
La seconda. Criticare chi mostra un segno di solidarietà, fosse anche con una stupida foto profilo su facebook, è ipocrita. Volete forse dirmi che partecipate a tutti i funerali che si svolgono nelle vostre città? O che, per coerenza, boicottate quelli dei vostri cari (amici, parenti o conoscenti che siano)? Io non credo. Questo è quello che è successo: c’è stato un grande funerale virtuale e i “parenti più stretti”, gli “amici”, i “conoscenti”, hanno voluto dare un segno di conforto. Non ai morti ma a chi resta e soffre e ha paura. Non può accadere per chi è “troppo lontano da noi”, semplicemente perché non accadrebbe neanche nella realtà! Il massimo che facciamo quando un carro funebre incrocia la nostra via in macchina, è il segno della croce. Io per esempio spengo lo stereo e mi auguro che i familiari non stiano soffrendo troppo, ma non mi accodo certo per partecipare alla funzione.
E proprio come dopo un funerale, anche dopo un grande dolore, si va avanti.
Così se domani io, voi e i nostri contatti, avremo voglia di condividere qualcosa di buffo, spensierato, personale o stupido non sentiamoci in colpa, non colpevolizziamo nessuno e smettetiamola con quelle dita puntate. E’ la vita, lo scorrere naturale delle cose.
Non stupiamoci.